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Tuesday, August 26, 2014

l’ecoturismo in Albania

Giorgio Faraggiana e l’ecoturismo in Albania
Vi racconto di un giovane 67 enne torinese in Albania e di come ricordarlo. Giorgio Faraggiana. Docente di Scienza delle Costruzioni al Politecnico (da poco in pensione), autore della ricerca fotografica del volume Le Alpi in fondo alle strade di Torino, militante della sinistra radicale negli anni 70, recentemente militante ecologista, ambientalista, No Tav, ciclista urbano. Protagonista della lotta contro il grattacielo Intesa San Paolo, cofondatore di Non grattiamo il Cielo di Torino  (compresa l’occupazione della gru del cantiere). Attivista di Mountain Wilderness, in particolare nella lotta contro l’asfaltatura delle strade di montagna. Impegnato con la lotta dei ricercatori universitari e degli studenti del Politecnico. Promotore della targhetta No oil sul retro delle bici. 
Figlio di una famiglia di ricercatori, scienziati, esploratori, con un respiro internazionale (madre inglese). Padre di Lucia e di Emilio. Più recentemente compagno di Alma Bazhdari Naraci, albanese residente da 25 anni a Torino. Con lei concepiscono l’idea di trasformare in ostello una vecchia casa di famiglia recuperata nel centro di Scutari. Nasce così Mi casa es tu casa Hostel,ostello particolarmente dedicato ai backpackers e a fare da base alle escursioni nelle Alpi Albanesi del Nord, della zona di Scutari. Giorgio e Alma vanno avanti e indietro da Torino a Scutari solo ed esclusivamente a bordo di un furgone che trasporta le cose e che può esser usato anche da camper. L’ostello apre nel maggio del 2013 e segna l’inizio di una fase completamente nuova nella vita di Giorgio, insieme con Alma. ( E’ per questi motivi che la notizia della sua morte viene data dalla Repubblica di Torino come “Faraggiana il professore del Politecnico anti-grattacielo” e da un giornale albanese come “Giorgio l’italiano che amava Scutari.”)
Contesto progettuale estate 2014
In questi mesi in particolare Giorgio era appassionato dall’idea di realizzarsi pienamente come attore e realizzatore di ecoturismo con Alma (la parola imprenditore gli avrebbe fatto impressione). In Italia, attorno alla casetta che aveva progettato e costruito personalmente nell’oliveto di Levanto accanto alla Torre medioevale, meditavano di allestire delle piattaforme di legno per “dormire sugli alberi” e avviare la situazione come piccolo ostello o abitazione in affitto. Anche a Torino avevano ipotizzato di far funzionare parte della sua casa come bed and breakfast. Ma il cuore del progetto era su Scutari e dintorni. Città di lago e fiume a pochi chilometri dall’Adriatico e dalle Alpi Albanesi. Giorgio e Alma stavano allestendo un piccolo terreno di Alma al mare – località Rjoll – come campeggio. Dal terreno su una vecchia piattaforma in legno si passa su una piccola laguna e si arriva in una vasta spiaggia sabbiosa che si estende per chilometri, su una riva ancora poco costruita. Per arricchire e consolidare l’attrattività di Mi casa es tu casa e di Scutari Giorgio stava inoltre studiando e sperimentando nuovi percorsi da proporre agli escursionisti. Le valli e le montagne a nord di Scutari sono incantevoli e selvagge, con le loro gole, fiumi e laghi, case tradizionali e piccola agricoltura di montagna.
Contesto dell’incidente
“Abbiamo subito capito che per quel signore purtroppo non c’era più niente da fare, mentre per gli altri ancora vivi si correva per portarli su dal burrone, e poi giù verso l’asfalto, le ambulanze, l’ospedale. L’abbiamo portato su, l’ho guardato, abbiamo subito capito che non era del posto come gli altri passeggeri, aveva quelle belle mani, e una specie di cordino attorno a polso che qui un uomo non metterebbe”. (Suor Sandra, della missione di Kir, soccorritrice).
Giorgio e un giovane di Kolmani Llake avevano già tentato giovedì 7 agosto di trovare il collegamento a piedi tra la valle del lago Koman e quella adiacente a nord ovest che scende giù da Theth, ma non ci erano riusciti. Mario Molla – conduttore del traghetto – li aveva accompagnati in barca là dove presupponevano di trovare un possibile sentiero. Ci sono riusciti, non senza fatica, il giorno dopo, l’8. Alle 18 parlando al telefono con Alma, lei proponeva di mandare un taxi a prenderli, ma più tardi Giorgio ha chiamato che avevano trovato un passaggio. Si intende per tale un passaggio che viene pagato all’autista, in genere un taxista informale. In questo caso aveva un Range Rover. Poco a valle di Kir (inteso come chiesetta, poche case, edificio della missione) il veicolo con sei persone a bordo compreso l’autista è precipitato giù da un tratto esposto della strada. Probabilmente si è trattato di un errore dell’autista che ha fatto una manovra azzardata – cioè è andato con le ruote di destra troppo sul ciglio della strada – per aggirare un veicolo che stava salendo: la strada è spesso troppo stretta.
I soccorsi sono stati molto lenti perché ad arrivare lassù da Scutari ci si mette due ore. Gli abitanti della zona, comprese le Suore, hanno portato su i feriti e poi il morto (il nostro) a braccia e poi li hanno portato fino all’asfalto, alle ambulanze, con i loro mezzi.
Considerazioni sull’incidente
Sarebbe paradossale per Giorgio – tendenzialmente ostile all’asfaltatura delle strade – concludere che è morto perché la strada era sterrata. O perchè si è fidato di un tipo di autista evidentemente incosciente e spericolato. Certo quella è una strada che può essere pericolosa. Nell’85 ci furono 30 morti al rovesciarsi di un camion che faceva da bus. Ci sono poi stati due altri incidenti mortali (con 3 e poi con 7 vittime) a metà degli anni ’90 e nel 2007. Tutti e tre sono ricordati con cippi e lapidi sulla strada.
Ma statisticamente il rischio non è così alto. Nel 2013 in Albania ci sono stati 250 incidenti mortali (in leggero calo sull’anno precedente nonostante la crescita costante del parco auto) dei quali 240 su strade asfaltate ( causa principale la velocità) e solo 10 su sterrate. La strada che scende da Theth e da Kir non è molto frequentata ma comunque si tratta pur sempre di migliaia di viaggi all’anno e da anni (se non erro 7) non c’erano incidenti mortali.
Quello che appare intollerabile – ma riguarda non solo gli incidenti stradali, ma anche eventuali infarti, cadure in montagna o altro – è la lentezza dei soccorsi. Cosa ci stanno a fare al mondo gli elicotteri se non vengono usati per queste situazioni? Certo l’elicottero inquina e costa ma per salvare vite umane può essere l’unico mezzo. Non avrebbe in questo caso salvato Giorgio ma l’albanese  morto nel tragitto.
Volontà, eredità, ecologia
Colpisce la grandissima simpatia suscitata dalla personalità di Giorgio, in Albania come in Italia. Un mix particolare di virtù molto interessanti per il 21 esimo secolo: sobrietà, energia, creatività, pacatezza. Un personaggio molto amato dai giovani e dagli studenti e non solo per le sue attività di “fiancheggiatore” dei movimenti studenteschi, ma per la vitalità del suo rapporto con le cose, con i materiali, con la fisicità, col territorio. Si inseguono, dopo la sua morte, le foto che lo ritraggono sulla bici, su un monte, sulla gru del grattacielo, o mentre brandisce il cerchione di una bici facendo una lezione. Diversamente o forse autenticamente ingegnere. E’ morto come un giovane, con un colpo netto, sul campo. Ha lasciato chiarissima, anche se non scritta la sua volontà. Infatti, è considerando la sua volontà che l’Ostello Mi casa es tu casa non ha chiuso neanche per un’ora, nel culmine della stagione, con i giovani turisti (quasi mai italiani) che campeggiano nel giardino della casa strapiena. La sua volontà è che questa esperienza vada avanti, come buona pratica di ecoturismo, come pressione per salvare il paesaggio albanese, come sperimentazione, come luogo cosmopolita, e , naturalmente, come sostegno e amore che continua per la compagna Alma, che è rimasta senza Giorgio.
Per questo andremo e/o torneremo in Albania, terra di contraddizioni di speranza e di spirito giovane.   http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/08/25/giorgio-faraggiana-e-lecoturismo-in-albania/1098393/

Saturday, August 23, 2014

Albanien - Ein Reisebericht in Bild und Text.... Ein fotografischer Reisebericht quer durch Albanien. Mit Tirana, Berat, Valbona, dem Koman-Stausee und ein bisschen albanischer Riviera








ALBANIEN



Koman-Fähre


TIRANA – HAUPTSTADT VON ALBANIEN

Eine Reise nach Albanien ist eine Reise voller Überraschungen. Ein bisschen Balkan-Erfahrung hatten wir zwar schon aus Montenegro im Gepäck, aber es kommt ja immer anders.
Elton von Albaniantrip holt uns vom Flughafen (mit dem vielversprechenden Namen “Mutter Teresa”) ab, fährt uns zu unserer ersten Unterkunft und zerstreut unsere wenigen letzten Bedenken mit den Worten “Das Gefährlichste in Albanien ist der Straßenverkehr”. Fast alles, was wir über unsere Ferienwohnung wissen müssen, hängt mit dem Hund zusammen. Der hat einen wahnsinnigen Drang danach, durch das Tor abzuhauen, um seine Runde um den Block zu drehen. Das dauert dann etwa eine Viertelstunde, in der wir nichts weiter tun können, als vor dem Tor auf seine Rückkehr zu warten. Nichts tun, ein guter Einstieg in den Urlaub. Von hier an wird jede Toröffnung zu einer nervlichen Zerreißprobe, die wir entweder gewinnen oder den Hund gewinnen lassen. Er soll schließlich auch was vom Sommer haben.
Tirana ist heiß, die Straßen staubig und gesäumt mit Händlern. Wir haben kurz den Anflug eines Bangkok-Gefühls, kaufen dann aber Käse fürs Abendessen. Der Verkäufer spricht kein Englisch und erklärt uns die verschiedenen Sorten mit den Worten “Muh”, “Mäh” und “Möh”. Wir nehmen je ein Stück vom “Mäh” und vom “Muh”, besorgen uns frisches Obst, Gemüse und leckeres Brot und schlagen uns die Bäuche voll.
Die Stadt ist eine bunte Mischung aus irgendwie allem: alt, neu, osmanisch, islamisch, kommunistisch, mediterran, italienisch, griechisch. Und es gibt eine Seilbahn!

KOMAN-STAUSEE

Für die Einheimischen ist die Fähre über den Koman-Stausee Mittel zum Zweck, viele der hoch gelegenen Dörfer am See sind nur vom Wasser aus erreichbar. Für uns Touristen ist allein die Anreise bis zur Anlegestelle ein Abenteuer, es geht auf schmalen Schotterpisten über die Berge und durch lange, dunkle Tunnel.
Das Boot selbst ist ein schwimmfähig gemachter, alter Setra-Bus und wie wir hören müssen, ist es auch nicht das erste dieser Art, die anderen liegen bereits auf dem Grund. Die größeren Fähren wurden allesamt eingestellt, sie waren unrentabel. Und so schippern wir über den See, der mal grün, mal türkis leuchtet, am Ufer ragen steil die Berge auf. Es ist unglaublich schön hier und obwohl die Fahrt fast drei Stunden dauert, ist sie uns viel zu kurz.
Auf der anderen Seite steigen wir in einen kleinen Bus und fahren zu unserem Ziel für heute, dem Valbona-Tal.

VALBONA UND DIE NORDALBANISCHEN ALPEN

Die Straße nach Valbona wird gerade ausgebaut, jetzt ist sie aber noch eine Schotterpiste und es dauert eine Weile, bis wir das von Alfred betriebene Hotel “Rilindja” erreichen. Wir werden herzlich empfangen, bekommen leckeres Essen und Bier und ein Zimmer im neu gebauten Holzhaus. Alfred zeigt uns begehbare Routen in den Bergen ringsum, einige Wege sind noch zugeschneit, einige noch nicht durchgehend markiert. Zu den zugeschneiten gehört leider auch unser geplanter Weg in das benachbarte Theth. Schade.
Am nächsten Tag macht uns Alfreds Großmutter ein leckeres Frühstück und wir brechen in mäßig gutem Wetter auf. Die erste Hürde ist ein etwa vier Meter breiter, kristallklarer Gebirgsbach. Schuhe aus, Hose hoch und lernen, dass fließendes Wasser offensichtlich auch Temperaturen weit unter 0 Grad annehmen kann. Wir laufen eine ganze Weile bergauf und überqueren immer wieder Schneelawinen, irgendwann treffen wir auf ein großes Schneefeld und entscheiden, umzukehren. Auf dem Rückweg werden wir zuerst von einem Gewitter überrascht, dann mit einem Regenbogen belohnt, kommen an Wildpferden vorbei, verlaufen uns kurz im Regen und kommen gegen Abend erschöpft wieder in unserer Unterkunft an.
Auch für die nächsten Tage ist Regen angesagt und wir entscheiden uns, aus dieser surrealistisch schönen Gegend abzureisen, nicht ohne Bedauern. Wir warten an der Straße auf den Bus und haben Glück, der Kofferraum ist noch für uns frei.
Die schnellste Strecke verläuft über Bajram Curri und durch Kosovo (zu dem wir “Kosova” sagen sollen, lernen wir, denn “Kosovo” ist der serbische Name). Der Zöllner fragt, ob es für uns okay ist, den Stempel im Pass zu haben und wir stimmen zu. Mit diesem Stempel kann man immer noch Probleme bei der Einreise nach Serbien bekommen, im besten Fall wird der Stempel ungültig gemacht, im schlechteren Fall der Pass nicht anerkannt. Die Wiedereinreise nach Albanien ist aber problemlos möglich und ein paar Stunden später kommen wir in Berat an. Ein paar Stunden sind nicht viel, denkt man, deshalb hier ein Beispiel beliebter albanischer Reisebusmusik:

BERAT

Berat ist:
- UNESCO Weltkulturerbe.
- die Stadt der tausend Fenster.
- eine Museumsstadt.
Aber das nur nebenbei. Berat ist vor allem auch der erste Ort in Albanien, an dem wir länger bleiben als geplant. Im Hotel angekommen, schickt man uns in das wohl schönste Zimmer auf unserer Reise, Essen und Wein schmecken unfassbar gut und viel; die Altstadt, die Burg und die Lage am Fluss laden zum Rumlaufen und Erkunden ein und die Leute sind entspannt bis freundlich.
Was man auf jeden Fall machen sollte, wenn man hier vorbeikommt: Rafting auf dem Osum-Fluss. Das lassen wir uns nicht zwei Mal sagen. Unsere Gruppe besteht aus einigen Journalisten aus Kosova und uns und auch heute ist die Anreise ein Abenteuer. Es geht in Geländewagen am Osum entlang, wir halten hier und da für ein paar Videoaufnahmen. Nach einer kurzen Sicherheitseinweisung geht es auf den Fluss und durch die Schlucht, die Wände ragen bis zu 100 Metern hoch über uns auf, streckenweise ist der Canyon so eng, dass die Schlauchboote hängenbleiben und mit einem lautem Knarzen weitergezogen werden müssen. Zu unserer Überraschung gehen wir nicht unter, auch nicht, als wir mit voller Kraft unter einen recht großen Wasserfall paddeln und das Boot binnen Sekunden vollläuft.
Mehr Bilder von unserer Rafting-Tour gibt es auf der Facebook-Seite der Albania Rafting Group.

KSAMIL, SARANDA, DHERMI UND DIE KÜSTE ALBANIENS

Weiter geht’s an die Küste. Wir machen einen kurzen Abstecher zur beeindruckenden Ruinenstadt Butrint und kommen nach Ksamil. Ksamil hat den vielleicht schönsten Strand der albanischen Küste, der Ort allerdings ist genauso anti-idyllisch wie die anderen. Man hofft hier auf die zeitnahe Ankunft des Massentourismus. Dafür musste viel Authentisches weichen und Platz machen für überhastet errichtete Hotelanlagen, von denen nicht wenige illegal gebaut wurden und werden. Das Ergebnis sind zahlreiche, betongraue Bauruinen.
In Saranda und Dhermi bietet sich das gleiche Bild. Wir bleiben trotzdem ein paar Nächte hier, haben den Strand die meiste Zeit für uns allein, genießen das Nichtstun und lassen die Seele baumeln.