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Tuesday, September 1, 2015

Albania, dove studiava l?imper atore Augusto


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Albania, dove studiava l?imper atore Augusto

Non solo Durazzo o Argirocastro: il Paese delle Aquile è diventato un vero cantiere archeologico. Ad Apollonia Cesare Ottaviano perfezionò i suoi studi in retorica, a Butrinto si fermò Enea in fuga da Troia: ecco le bellezze nascoste dei nostri vicini di casa

S i sa come funziona tra vicini di casa. Si spettegola, si parla, si litiga. Non ci si guarda per mesi e poi, di colpo, si torna amici. Noi e l?Albania. Qualche volta siamo stati invadenti (e persino invasori), altre sono state loro a chiudersi. Il Paese delle Aquile per gli italiani è quello dei «sentito dire». Vale la pena di conoscerla meglio. Basta guardare sotto il primo strato. Come fanno i bravi archeologi. Roma qui ci ha messo piede con forza e l?impronta si vede ancora bene. Ne sanno qualcosa gli Illiri, gli antichi abitatori di questa terra incastonata nei Balcani. Scutari non è solo la seconda città dell?Albania. È anche il cuore culturale e l?anima di questa nazione. Tra le sculture, i vasi e le monete riaffiora l?antica civiltà illirica, quella di cui Scutari, allora Scodra, era una delle capitali più importanti, centro della tribù dei Labeati. Una civiltà avanti per quei tempi (e non solo). Tanto per dire, sul trono c?era una donna, Teuta. Seguendo Indiana Jones Qui se ne sono date di santa ragione Cesare e Pompeo dalle parti di Durazzo, l?antica Dyrrachium. Qui c?è un anfiteatro da far invidia ai palcoscenici di oggi. Ventimila posti, il più grande dei Balcani per l?epoca e ancora tanto da scavare e scoprire. Giusto per ricordare che per i Romani Durazzo non era solo uno dei tanti punticini del mondo dove la prima lingua era il latino. Qui, nel senso di Albania, è venuto a studiare anche il giovane Ottaviano Augusto, il futuro imperatore. Per la precisione ad Apollonia, una delle città fondate dai Greci in onore del dio Apollo. Augusto si perfezionò in retorica. Ad Apollonia viene anche a sapere dell?omicidio di Cesare: siamo alle Idi di marzo, la storia svolta sul serio. Ed Augusto prende il posto al centro dell?universo. Anche ad Apollonia si può visitare un museo di quelli pensati per l?archeologo più raffinato e il turista che non si accontenta dei depliant. Come ancora a Durazzo. Qui il museo è ancora da finire ma già quello che ci è esposto vale il prezzo di un viaggio. Del resto l?Albania sta diventando un vero eldorado per gli Indiana Jones dei nostri tempi. Come la piccola spedizione che ha messo insieme Lauretta Maganzani, giurista ed esperta di tutta l?antica Roma, con un gruppo di studenti dell?Università Cattolica, guidato dall?archeologo locale Helidon Sokoli. Vedere, capire ma apprezzare anche le tradizioni locali, come la cucina. A Scutari, per esempio, vale la pena di fare un visita all?hotel Tradita (che significa tradizione), una casa dell?epoca ottomana che risale al 1689 ristrutturata ad albergo e ristorante. È costruita in gran parte in legno, nel cuore della città vecchia. A Berat, invece, suggeriamo l?hotel Mangalemi, situato nel quartiere musulmano, il Mangalem appunto, che confina con quello ortodosso, il Gorica. Piatto nazionale, ricotta con carne di vitello e formaggio al forno servito dentro la terracotta. Un?autentica miniera è il parco archeologico di Butrinto, patrimonio dell?Unesco. Ci aveva fatto sosta Enea e ci era arrivato Elleno, figlio di Priamo, in fuga da Troia. Fin qui la leggenda, la cronaca ricorda che la città sorse per onorare Esculapio, il dio della medicina. Di sicuro era un posto di quelli alla moda. Un po? Ibiza, un po? Cannes. Mondanità e cultura si mescolavano. Oggi si intuisce, si vede ancora l?antico splendore. Il tempio, il teatro, i mosaici. Qua e là squadre di archeologici al lavoro. E anche questa sarebbe una storia tutta da raccontare. Fino agli anni Sessanta furono i sovietici i partner, anche culturali del regime di Hoxha. Ci venne anche Krusciov nel 1959 ma più che emozionarsi davanti alla grandezza delle antiche civiltà suggerì al dittatore albanese di costruirci una base per i sottomarini. Poi la rottura tra Mosca e Tirana e un periodo di buio. Da qualche anno gli scavi archeologici sono ripresi con vigore. L?Albania si sta rivelando una delle sorprese più interessanti per questi studiosi. A proposito: i primi ad intuirne il potenziale culturale erano stati gli italiani, al tempo del fascismo,quando l?Albania faceva parte dell?impero. Le stelle dell?Unesco La parte meridionale dell?Albania si è meritata due altre «stelle» dall?Unesco: Berat ed Argirocastro. La perfetta sintesi di come si possano mettere insieme caratteri diversi, la convivenza possibile di culture, religioni, etnie. Il primo impatto è quella di città balcaniche con ancora i sapori della conquista ottomana. Poi scopri un monastero con antiche icone che ti rimandano all?era bizantina. Uno, in particolare, con i dipinti di Onufri, il maestro che usava un rosso che non ha trovato altri capaci di riprodurlo con la stessa lucentezza. Tesori che durante la «rivoluzione culturale» voluta da Enver Hoxha hanno rischiato di finire dissolti nei ricordi chi li aveva visti. L?antica chiesa trasformata in ripostiglio, mercato, sala giochi. Ma Berat è sopravvissuta anche a questo. Alzi gli occhi e vedi le punte dei minareti e le croci delle chiese, magari separate giusto solo da una strada. Le vie in salita, i profumi che anticipano il Medio Oriente, i suoni che non sono uguali in nessun altra parte del mondo. Le luci della sera faticano a sciogliere il buio, nelle piazze c?è voglia di vita mescolata a musica americana e canzoni che sanno di un Paese che non c?è più. Come le acconciature di alcune donne che le ragazze hanno ripensate in chignon di eleganza inconsueta. Fuori dai negozi qualcuno si ostina in mestieri antichi forse per il gusto di farsi fotografare dai turisti o solo perché è quello che sta facendo da tutta una vita e non mai arrivato il momento di pensare di cambiare. E le strade continuano ad essere in salita. Potevano calpestarle i romani o i bizantini, gli ottomani e gli italiani. Fascisti e comunisti, tutti a strappare un lembo di terra, a lacerare l?anima di un Paese che continuava a non poterne più ma senza la forza, l?orgoglio di dire basta. Argirocastro è un segno di tutto questo. Qui sono nati la luce e l?ombra. Ismail Kadare, il poeta, lo scrittore, la voce di un Paese. Ed Enver Hoxha, il dittatore che ha tenuto l?Albania chiusa a casa per mezzo secolo, andando contro la storia e il buon senso. Lo spirito guerriero L?Albania che guarda all?Europa ma che ha anche paura a farsi fagocitare dall?Unione. Il timore di perdere la propria identità insieme alla voglia di non essere più sola. L?anima guerriera che ti accompagna ad ogni curva del Paese, il volto scolpito dell?eroe nazionale, Scanderbeg, la barba fluente persino nelle statue e nei bronzi. E lo trovi anche sulle etichette del miglior cognac di queste parti. L?Albania che declina poi verso il mare in un posto che si chiama Valona; le nuove palazzine con le insegne di negozi che chiedono spazio. Le spiagge che provano ad inventarsi un turismo per un?economia che chiede solo di crescere. Valona, prima capitale dell?Albania, il posto più sicuro per proclamare un?indipendenza che non si poteva rimandare. La notte che arrivò Ismail Qemali, il padre moderno della patria. Ed era il 28 novembre 1912. I volti di chi c?era, i baffoni folti, qualcuno ancora con il fez. L?impero ottomano che si faceva da parte. Valona era la nuova Albania. Prima di Tirana, la capitale designata. Luogo dove sperimentare il domani, con gli edifici dei ministeri in stile fascista, le strade larghe, la pressione che ti porta più su della teleferica da dove vedi la citta dall?alto. E tutto ti sembra davvero possibile. Come per Teuta, la regina degli Illiri.© RIPRODUZIONE RISERVATA
Baroni Carlo
Pagina 36.37
(28 agosto 2015) - Corriere della Sera

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